Secondo le statistiche, negli ultimi anni è stato registrato un aumento preoccupante di una forma particolarmente aggressiva di tumore ai polmoni, ovvero l' adenocarcinoma polmonare, che colpisce indistintamente fumatori anche tra i giovanissimi e le donne. L’aspetto paradossale della questione è che una delle cause principali è rappresentata dall’uso delle sigarette light, ovvero le cosiddette “leggere”.
L’allarme, in particolare, è stato lanciato dall'oncologo Cesare Gridelli, direttore del Dipartimento di Onco Ematologia dell'Azienda Ospedaliera “S.G. Moscati” di Avellino, durante il congresso mondiale di oncologia Asco che si è svolto a Chicago. In tale occasione, Gridelli ha dichiarato che “il tumore ai polmoni non squamoso è in netto incremento rispetto agli altri istotipi. La diffusione dell’ adenocarcinoma polmonare è legato a due fattori principali: l'aumento dell'incidenza della malattia in donne non fumatrici, a causa di fattori genetici e ormonali, e il cambiamento delle abitudini al fumo”.
Gli esperti spiegano che la diffusione di questa pericolosa forma di tumore ai polmoni è dovuta al maggiore utilizzo di sigarette light e con filtro che, come spiega Gridelli, “ha portato il fumatore ad aspirare più profondamente, spingendo il fumo e i suoi agenti cancerogeni nella parte più in profondità dell'albero bronchiale dove insorge tipicamente l' adenocarcinoma polmonare”.
Basti pensare che, se fino a 6 o 7 anni fa la forma squamosa del tumore ai polmoni era la più diffusa, attualmente su 38.000 casi in Italia, circa 25.000 sono tumori non squamosi, tra cui l’ adenocarcinoma polmonare. Per fortuna, per queste forme di tumore ai polmoni esistono le terapie più efficaci e mirate, come ad esempio il farmaco Pemetrexed, di cui al congresso di Chicago è stato presentato uno studio che ne evidenzia l'efficacia anche dopo la fine del ciclo di chemioterapia, effettuato in combinazione con cisplatino.
Proseguendo la terapia per il tumore ai polmoni utilizzando esclusivamente Pemetrexed, che è ha un livello di tossicità estremamente minore, è stato possibile evidenziare una riduzione del 22% di rischio di mortalità, e in media, una sopravvivenza di 17 mesi contro i 14 di chi non ha proseguito la terapia. Si tratta di guadagnare tre mesi. Gridelli al riguardo commenta che “è il più ampio miglioramento registrato nel tumore ai polmoni. Basti pensare che fino a 20 anni fa con un tumore non operabile si sopravviveva in media 4 mesi, e sono stati fatti piccoli passi, di mese in mese, in questi anni”.
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